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Posts Tagged ‘vacuità’

Film: “American Psycho” di Mary Harron tratto dal romanzo di Bret Easton Ellis.

Personaggio: Patrick Bateman, vicepresidente della P&P e figlio del presidente.

Interprete: Christian Bale.

Scena: l’esibizione dei biglietti da visita e la scena finale.

Come si fa a mentire a quel modo?

Il suo unico vero interesse è la musica pop, di cui ci regala tre grandi “meditazioni”, sull’importanza del trend e il piacere del conformismo (“hip to be square” di Huey); sugli abusi di potere, sulla monogamia e l’impegno (“land of confusion” e “in too deep” dei Genesis) e infine sull’empatia con se stessi (“the greatest love of all” di Whitney Houston).

La sua presunta fidanzata, Eveline, è solo un peso che continua a ronzargli di convolare a nozze e a farsela con Timothy Bryce, l’unica persona interessante del suo crocchio di colleghi. Dal canto suo Patrick è completamente indifferente al fatto che possa sapere della sua relazione con Courtney Rawlinson, la sua più cara amica, imbottita di psicofarmaci e – cosa ben più disturbante – compagna di Luis Carruthers, il più grande mollusco di Wall Street. Il fatto è che non può assolutamente togliere tempo al lavoro e – anche se il padre è il sommo capo della P&P, anche se odia il suo lavoro – vuole “essere dentro”, immergersi completamente nella frenesia borsistica che produce la sua più totemica e giganteggiante ossessione:

il biglietto da visita. Che sconforto quando al suo bianco osso si preferisce il pallido con caratteri in rilievo di Bryce e addirittura il guscio d’uovo Romandian di Van Patten, ma la beffa è inimmaginabile quando viene sfoderato il biglietto del suo arci-rivale Paul Allen – famigerato detentore del “pacchetto Fisher” – di una tonalità e raffinatezza indicibili e con tanto di filigrana.

Avanti Bryce, ci sono un sacco di problemi più importanti dello srilanka di cui occuparsi:

mettere fine all’apartheid e rallentare la corsa agli armamenti nucleari; lo stop al terrorismo e alla fame nel mondo. Dobbiamo procurare cibo e un tetto a chi ne è sprovvisto, opporci ad ogni forma di discriminazione, promuovere i diritti civili e far sì che le donne godano di uguali diritti. Dobbiamo incoraggiare un ritorno a quelli che sono i valori morali della tradizione, ma cosa ancora più importante noi dobbiamo promuovere un generale impegno sociale, redimere dal materialismo imperante le giovani generazioni.

Forse Patrick ha l’animo del provocatore quando rigurgita questa brodaglia di imperativi buonisti e politically correct, ma è più propriamente un’emanazione del simulacro che ha plasmato a immagine e somiglianza del suo tempo.

“Come si fa a mentire a quel modo?” si chiede Bryce guardando Ronald Reagan alla tv di un club d’elite per soli uomini, ennesimo inno alla misoginia. Con un sorriso lusinghiero, la solita offerta di una minerale e una performance convincente da ragazzo d’oro si può ottenere un’immunità praticamente incondizionata, che si completa con la rispettabilità da colletto bianco firmato Harvard. Così, lontano dagli occhi dell’alta società, Patrick può prorompere nei più raccapriccianti atti di cannibalismo sociale ai danni di reietti e deboli farneticando sull’“atteggiamento negativo” che dimostrerebbero.

Il clima culturale di egocrazia corporativa instaurato dagli schemi ideologici reaganiani del “big business” non lascia spazio a sentimenti, se non all’avidità e al disgusto e a un grande senso di vacuità.

“Sotto sotto non importa”, non importa l’immagine dietro lo specchio, non importa se Patrick ha commesso veramente gli omicidi, perché tanto non scioglierebbe la sua psicosi.

Non c’è catarsi e io non giungo a una nuova conoscenza di me stesso, questa confessione non ha nessun significato.

Purtroppo per Patrick, è impossibile entrare in empatia gli altri; nemmeno con se stessi.

Leggi anche “Patrick – il luogo”.

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