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Film: “Old Boy” di Chan-wook Park, tratto dall’omonimo manga di Nobuaki Minegishi e Garon Tsuchiya.

Personaggio: Dae-su, business-man che – per aver parlato troppo – viene trascinato in un allucinante piano di vendetta.

Interprete: Min-sik Choi.

Scena: l’imprigionamento di Dae-su.

Ridi e il mondo riderà con te.

Un giorno di pioggia fissi una cabina telefonica, segui un uomo con il volto coperto da un ombrello viola, e ti risvegli dopo giorni di ipnosi in una cella senza finestre, che è il facsimile di una stanza a ore. In realtà è una prigione privata gestita da gangster che imprigionano persone sotto pagamento, ma tu non lo sai, pensi a uno scherzo.

Dopo due mesi chiedi alla guardia: «perché? Dove sono? Che posto è questo? Almeno dimmi per quanto tempo devo stare qui? Quanto ancora? Uno, due, tre mesi? Che cosa ho fatto?», ma le sue scarpe ti ricacciano nella stanza con il vassoio di ravioli fritti: l’unico piatto della casa. In realtà la prigionia durerà 15 anni, ma tu non lo sai.

Comincia a suonare la musica, accompagnata dal gas soporifero: vieni spogliato dei vestiti, dei capelli, del tuo sangue, di tutto ciò che può identificarti e il giorno dopo tua moglie è stata uccisa e tu sei il primo sospettato. Tutta la vita che hai vissuto ti crolla addosso come una valanga. Mido – una semi-sconosciuta che incontrerai e di cui ti innamorerai – ti dirà «a tante persone veramente sole che ho conosciuto è capitato di vedere le formiche prima o poi. Ho provato a capire perché: le formiche si muovono in gruppo. Lo sai, credo sia questo il motivo per cui molte persone sole pensano alle formiche». Ebbene tu non sei mai stato così solo, e cominci a vedere le formiche che sbucano dalle tue vene e divorano l’ultimo baluardo della tua sanità mentale. Ti sgretoli come lo specchio su cui tenti più volte il suicidio, ma il gas ruba sempre l’ultima pennellata e l’opera resta incompiuta. Devi fartene una ragione:

ridi e il mondo riderà con te, piangi e piangerai da solo” pensi ridendo, ed è la svolta. Hai appena accettato che non riuscirai mai a scappare e che continuerai a mangiare ravioli fritti per tutta la vita in quella minuscola stanza al centro del mondo. Dopo tre anni hai imparato che non serve a niente arricchire il latte versato delle tue lacrime. Fai tabula rasa del formicaio che aveva attecchito nella tua mente e cominci a diventare amico della tv, che si trasforma in orologio, calendario, scuola, casa, chiesa, amica e amante. Il diario della tua prigionia si compenetra con l’autobiografia delle tue cattive azioni e il carceriere che cerchi così ragionatamente si trasfigura in una sagoma prendi a pugni sulla parete che regime di nella simulazione della vendetta che verrà. È il tuo nuovo allenamento, scandito dagli anni che catturi nei tatuaggi. Li chiudi ogni cinque anni, pensando che l’anno dopo sarà tutto più facile: intanto scavi il tunnel che ti porterà alla libertà.

Tra un mese sarò fuori” pensi dopo quindici tatuaggi, assaporando la pioggia che sei riuscito ad afferrare dall’apertura che hai creato. Hai il tempo giusto per pensare “e se buco la parete e mi trovo al 52-esimo piano? Anche se dovessi precipitare e morire, sarei comunque fuori, libero, ancora un mese e sarò fuori!”, che il gas fa il suo ultimo ingresso in scena. A un tratto vedi accanto a te un’immensa distesa di terra, c’è un sole abbagliante e un vento fresco. Non sei nel paese delle meraviglie, ma sei fuori, sul tetto di uno stabile.

Davanti a te c’è un tizio con un barboncino che si vuole suicidare, ma dovrà aspettare perché tu gli devi raccontare la tua storia. Ora è il suo turno di raccontarti la ragione per cui ha deciso di morire, ma tu te ne vai. Non te ne frega niente, se vuole piangere, piangerà da solo. Esci dall’edificio mentre a un metro da te il tizio con il barboncino sfonda il tettuccio di una macchina. Non ti scomponi e ridi.

Il mondo ride con te e può cominciare la vendetta.

Un assaggio della scena successiva:

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